“Il Belpaese nega pari opportunità alle donne” - Repubblica.it
“Il Belpaese nega pari opportunità alle donne” - Repubblica.it
<p>GLI ULTIMI DATI COSTANO ALLO STIVALE UN CLAMOROSO SCIVOLONE NEL GLOBAL GENDER GAP REPORT 2017: L’ITALIA PIOMBA DAL 41ESIMO POSTO DETENUTO NEL 2015, ALL’82ESIMO POSTO SU 144 POSIZIONI TOTALI DELLA CLASSIFICA Milano I ngioiellate e imbellettate, le mondanissime attrici di Hollywood solo l’estate scorsa chiedevano di ottenere gli stessi compensi dei colleghi maschi. Una protesta glamour che però, rimbalzando su tutti i giornali del pianeta, metteva il dito nella piaga. A tutti i livelli, e in diversi paesi, le discriminazioni tra uomo e donna continuano a persistere. Anche in Italia. Secondo l’ultimo Global Gender Gap Report 2017, diffuso durante il World Economic forum, nel Belpaese, sei donne su dieci (61 per cento) non vengono pagate per niente, o in modo non adeguato. Alla stessa stregua sono trattati due uomini su dieci (23%). Così il nostro paese è piombato dal 41esimo posto detenuto nel 2015, all’82esimo posto su 144 posizioni complessive, dietro alla Grecia (che si colloca al 78esimo), perdendo 32 posizioni nella classifica del gender gap, che segna la discrepanza di opportunità, status e attitudini tra i due sessi. Molte donne nel mondo del lavoro non riescono a entrarvi. E in alcuni casi vengono estromesse. L’ultimo rapporto dell’Ocse, mostra che il tasso di partecipazione femminile è fermo al 48 per cento, contro il 66 per cento di partecipazione maschile. Solo la Corea, il Cile, il Messico e la Turchia, tra i paesi presi in considerazione erano messi peggio. Le donne spesso vedono poi infrante le loro carriere. «Nel 2016 - spiega Loredana Taddei, responsabile politiche di genere della Cgil – circa 27mila lavoratrici madri, rispetto alle oltre 25mila dell’anno precedente, si sono dimesse dal posto di lavoro, secondo i dati diffusi l’estate scorsa dal Ministero del lavoro». Tra i principali motivi, le difficoltà nel conciliare il lavoro con la vita familiare (figli, genitori anziani da seguire). «Troppo spesso dopo la maternità le donne sono costrette a dimettersi per accudire i figli. Oppure vengono demansionate». La Cgil pone l’accento anche sul fenomeno crescente del part-time involontario. «Sul totale dei lavoratori part time, il 60 per cento sono donne – conclude la responsabile delle pari opportunità - Tante costrette ad accettare questo contratto per salvare il posto di lavoro». Ecco che questo determina stipendi più bassi e ripercussioni sulle pensioni. Il presidente dell’Inps Tito Boeri, nel 2015, parlava di una differenza del 40 per cento tra le pensioni degli uomini e delle donne. Chiaramente a sfavore di queste ultime. Cgil, Cisl e Ui hanno infatti lanciato diversi appelli al governo chiedendo che nuove politiche: «Quelle pensate ed attuate fino ad oggi, non sono in grado di garantire un reale sostegno alle donne ed al tempo stesso all’economia del Paese». Il comportamento di certe aziende è un vero errore strategico, secondo il Winning Women Institute, l’associazione non profit che l’anno scorso ha inventato il bollino rosa, un riconoscimento dato alle aziende virtuose in materia di pari opportunità. «Le aziende dovrebbero lavorare di più per riconoscere parità di stipendio e di carriera alle donne - spiega il fondatore Enrico Gambardella – Una realtà attenta a questo aspetto ci guadagna anche dal punto di vista del business». Le donne sono dipendenti, ma spesso sono soprattutto consumatrici. «E oggi c’è un’attenzione crescente sui temi di social responsabilities. Premiando le aziende virtuose siamo convinti di poter intervenire sul mercato e sostenere un cambiamento culturale. Per essere scelte dal consumatore, le aziende si sentiranno obbligate a ottenere la certificazione». (st.a.) Secondo uno studio recente, in Italia sei donne su dieci (61%) non vengono pagate o lo sono in modo non adeguato. Alla stessa stregua sono trattati “solo” due uomini su dieci (23%) </p>